mercoledì 17 gennaio 2007

Capitolo primo. L’esordio della Rebongia

Spuntano nella notte fredda di San Briccio personaggi leggendari che nessuno ricorda di aver visto negli ultimi tempi. Dinamite barcolla con il suo bicchiere di birra nella mano, il Peio addirittura fa parte di una squadra, pezzi di Brigate Gialloblù restano appoggiati al banco della baita di legno e chiamano birre e insultano il barista. Su una panchina chiacchierano ormai da ore il Cuca e l’Alice, nessuno riesce a immaginare di cosa, mentre dalle piastre sale il profumo di salsiccia e cipolla.
Ha inizio il 5° Memorial Jenry e la Rebongia sta entrando in campo.

Mancano come da tradizione sei o sette della rosa ufficiale, e il malumore già serpeggia tra i giocatori più assidui dei campacci di calcio della provincia veronese.
Guardialinee e sedicente allenatore Gianandrea, con una birra in mano e la cicca nell’altra, e la bandierina incastrata nella rete che delimita il campo, ma non così tanto da impedire che un pallone finisca ogni cinque minuti nella valle di sotto.
Affianco il Recia, detto Oco, altro allenatore, un po’ più attento alla squadra a dire il vero, impossibilitato ad essere in campo per ripetuti infortuni sempre qui a san Briccio, e conseguenti operazioni al menisco.
In porta il Loi, rimessosi dalla botta del recente volo in bicicletta.
In difesa Corà, riccio di stanza al Blue Moons, sembra un po’ a corto di fiato, ma l’ottimismo di ogni inizio passa sopra anche a questo.
Affianco il rosso Giobo, reo di aver sbagliato un rigore a una finale per il quinto o il terzo posto di qualche anno fa.
Poi Etto, curatore di immagine delle nuove generazioni lavagnesi e non solo. Incredibile, c’è anche il Bomber, che non sembrava dover prendere parte al torneo: là davanti a presidiare l’area avversaria, a dare e prendere botte. Quasi sempre a zero nella classifica cannonieri di fine torneo.
Il Nico, la garanzia, detentore negli anni scorsi del titolo di goleador della Rebongia e una volta anche del Memorial.
Il nostro George Clooney si chiama Zano e gioca a centrocampo, ma tende a spingersi in attacco.
In panca aspettano il loro turno Zeno, terzino di fascia, il Checca, stopper, il Kappone, titolare della Skavakappen, lottatore di altri tempi.
La divisa è gialla e verde, recuperata all’ultimo momento chissà dove.

Il Recia si muove velocemente sulla linea dell’out, il Giana si infastidisce con gli spettatori, che non riesce a convincere a portargli un’altra birra.
L’arbitro fischia.
Di fronte una squadra di giovani di san Martino, il Bar Jenry, molti volti conosciuti. Giovani di belle speranze e dalla parvenza atletica.
Alla Rebongia mancano il Lerio, il Cieno, il Fera, il Lele Bussinelli, Luca del Blue Moons. Insomma un bel pezzo di squadra.
Si suda, nessuno compra l’acqua.
All’improvviso, da qualche bar dell’Est veronese, arriva Paolo Composta. Neanche il tempo delle presentazioni e si proclama presidente della Rebongia, e ubriaco. Non riesce a restare fuori dal campo: grida, inveisce, insulta l’arbitro, sostiene i giocatori.
Abbiamo un presidente, la Rebongia ha un presidente.
Ma chi è? Dai, lo conosciamo tutti Composta, lo conosciamo da anni.
Ma non è legato alle altre squadre? Sì, ma Gianandrea, in un’escursione notturna, l’ha invitato a prendere il posto del vecchio presidente, “il presidente” appunto, che ormai da anni si è chiamato fuori da queste zone troppo popolari e poco alla moda.
Chissenefrega.
La Rebongia ha un presidente; Composta corre a soccorrere il Giobo, che ha due tacchetti piantati in una coscia.
Fuori il Giobo, non ce la fa, resta in panca fino alla fine.

Arriva Pasetto, organizzatore della Rebongia, direttore sportivo potremmo chiamarlo, e porta l’acqua: troppa, tra poco si finisce e i giocatori si butteranno sulla birra ai chioschi.
Intanto siamo due a uno per il Bar Jenry.
Il primo gol l’abbiamo preso con un po’ di responsabilità del Loi e della difesa, un tiro al volo da poco dentro l’area. Pareggio del Zano con gran destro da fuori. Poi raddoppio del Gigi per la squadra di san Martino.
Ma la Rebongia non ci sta, in panchina arriva il Lerio, subito insultato dai compagni per il solito ritardo, era capitato lo stesso gli anni scorsi. Non ha neanche il tempo per cambiarsi.
Fallo da ultimo uomo, bestemmie contro l’arbitro che ammonisce e basta un giocatore avversario.
Punizione da più di venti metri, sulla destra. Parte Zeno, incredibile, no, finta, arriva il Nico, staffilata di destro che il portiere non vede neppure: due a due. Si va ai rigori.

I rigoristi sono cinque, il presidente arriva a centrocampo col Recia e i giocatori.
Etto, Nicola, Corà, Zano e il Loi.
Etto… sbaglia, cazzo, come l’hai tirato quel rigore?
Il portiere avversario si muove come Dudek, il numero uno del Liverpool che ha fatto perdere la finale di Champions al Milan. Una danza sul posto, poi di lato, poi qualche truffaldino passo in avanti.
Niente da fare, non sbaglia più nessuno.
Il Loi invece si allunga una volta a sinistra e una volta destra, la seconda si rialza con il pugno alzato, ha capito che può essere vinta. Poi va a tirare l’ultimo rigore, a prendersi tutta la gloria di questa prima giornata di torneo.
Il Cappone si lamenta: s’el vol far tuto lù…
Portiere a destra e palla a sinistra. Olè.

Dinamite ordina un’altra birra, il Ciori canta cori da stadio, le prossime due squadre sono già pronte ad entrare.
Con la solita maglia gialla la Pizzeria Roma, la bestia nera della Rebongia, mai battuta in quattro anni di Memorial Jenry; in bianco e rosso il Camilion. Ci dovrebbe essere anche il Tata, dopo che ha abbandonato la Rebongia, con cui si è rotto una gamba, ma non si vede.
Doccia veloce e poi birra e panini, birra, birra, birra.
Al tavolo si scopre la storia del presidente, uno dei componenti della mitica Rebongia dei tempi immemori di Lavagno. La vera Rebongia, dice qualcuno, ma il presidente non ha tempo, deve ordinare una nuova caraffa di birra per la sua squadra, i suoi ragazzi. Nel frattempo tira quattro calci a un pallone e rischia di uccidere un bambino. Ma il presidente è legittimato, evviva il presidente.
Riappare come da un sogno la “ghiacciaia”, anche se non quella originale, il vero trofeo dalla Rebongia, da cui sono stati bevuti litri di birra misti ad acciaio ossidato. La prima coppa della Rebongia, per il quinto posto al primo Memorial Jenry, ricevuta assieme al premio Fair Play, un po’ meno gradito a dire il vero.
Il Bomber trova un motivo per andare via arrabbiato, sarà per la sua nuova dieta vegetariana e l’adesione al buddismo.
La seconda partita è finita e il campo di san Briccio aspetta stanco le prossime due squadre.